Disturbi d'ansia

L’ ansia è l’emozione provata di fronte a una sensazione di minaccia che ha l’obiettivo di prepararci ad affrontare il pericolo percepito, aumentando la vigilanza e l’attenzione e predisponendoci a una risposta di attacco o fuga. In questo caso si parla di ansia fisiologica: ci prepara ad affrontare in maniera adattiva una possibile situazione difficile. Diventa invece patologica e disfunzionale quando è persistente, anche di fronte a eventi neutri che non sono realmente pericolosi, e intensa, tanto da interferire con la nostra prestazione.

Ciò genera vari sintomi a livello psicologico, fisico e motorio, fra cui: forte apprensione, nervosismo, rimuginio e preoccupazione, insicurezza, palpitazioni, tachicardia, ipersudorazione, dispnea, vertigini, insonnia, tremori, irrequietezza, agitazione, cefalea tensiva. Quando si prova un improvviso senso di grave pericolo (es. paura di morire, paura di impazzire, paura di perdere il controllo) associato ad un’attivazione somatica molto marcata, si parla di attacchi di panico.

I problemi d'ansia sono inoltre presenti in altri disturbi come depressione, disturbo ossessivo-compulsivo, ADHD, patologie respiratorie, cardiache e gastrointestinali, uso di sostanze o disturbi da stress correlati.

Nella quinta edizione del Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali (DSM–5; American Psychiatric Association, 2013) i Disturbi d’ansia comprendono:


  • Disturbo d’ansia da separazione

  • Mutismo selettivo

  • Fobia Specifica

  • Disturbo d’ansia sociale

  • Disturbo di panico

  • Agorafobia

  • Disturbo d’ansia generalizzato

  • Disturbo d’ansia da condizione medica

  • Altro disturbo d’ansia specifico

  • Disturbo d’ansia non altrimenti specificato


I primi due disturbi riguardano in particolare l'età evolutiva. Il disturbo d’ansia da separazione si manifesta come un’eccessiva paura o ansia riguardante la separazione da casa o dalle figure più importanti per il bambino, al punto da influenzare notevolmente le sue attività quotidiane. Il bambino affetto da mutismo selettivo non riesce invece a parlare in contesti sociali da lui selettivamente percepiti come minacciosi, ad esempio la scuola, mentre è in grado di esprimersi liberamente e in modo efficace dove sperimenta stati di benessere e sicurezza, come a casa. Lo stato ansioso è per lui così difficile da gestire a tal punto che “le parole proprio non vogliono uscire!”; non si tratta quindi né di un comportamento intenzionalmente oppositivo né di ricerca di attenzione.

In infanzia possono avere esordio anche le fobie specifiche che spesso, se non trattate, persistono fino all'età adulta. La fobia viene definita in base all'oggetto fobico, che può riguardare animali, ambiente naturale, sangue, infezioni e ferite, essere situazionale o di altro tipo. Questo oggetto o situazione specifica genera paura o ansia marcata, persistente, sproporzionata non solo quando è presente ma anche quando la persona si aspetta di affrontarlo. Se la paura marcata è l'ansia vissuta in situazioni sociali in cui si teme di essere giudicati per timore di mostrarsi imbarazzato, di apparire ridicolo e essere umiliato di fronte agli altri, si parla invece di Disturbo d'ansia sociale.

In caso di regolare e frequente manifestazione di attacchi di panico, accompagnato da una costante preoccupazione della persona di avere un altro attacco e da significative modifiche del comportamento, si può effettuare diagnosi di Disturbo di panico. È molto comune che tale problematica sia legata all’agorafobia: un’altra condizione psicopatologica definita come una grande sensazione di disagio e timore di trovarsi in ampi spazi aperti o in ambienti non familiari, dai quali sarebbe difficile allontanarsi, uscire o trovare una via di fuga.

Infine il Disturbo d’ansia generalizzata è caratterizzato dalla presenza di sintomi d’ansia e da uno stato di preoccupazione costante ed eccessiva, sproporzionata rispetto alla realtà dei fatti. La sintomatologia ansiosa si manifesta in modo protratto nel tempo, anche in assenza di veri e propri fattori o eventi esterni che la scatenino, determinando per la persona che ne soffre difficoltà a controllare la preoccupazione, un significativo disagio e una compromissione del funzionamento in ambito sociale, lavorativo, nella famiglia e nelle aree più importanti della sua vita.

Per ridurre tale livello di ansia e la frequenza delle preoccupazioni, la Terapia Cognitivo Comportamentale (CBT) è stata individuata da numerose ricerche come il trattamento più efficace, anche rispetto a farmaci o placebo (Öst, 2008; Clark et al., 2003). Le stesse linee guida NICE (National Institute for Health and Clinical Excelence, 2011) la indicano come terapia di elezione, evidenziandone le prove di efficacia.

In particolare la psicoterapia cognitivo-comportamentale mira a eliminare o ridurre i sintomi dell’ansia, i timori eccessivi e i comportamenti di controllo ed evitamento che mantengono il disturbo stesso così da riacquisire un senso di sicurezza e raggiungere un adeguato adattamento all'ambiente. Questo obiettivo è raggiungibile mediante l'utilizzo di tecniche comportamentali e tecniche di ristrutturazione cognitiva che forniscono nuove modalità di lettura di pensieri ed emozioni e strumenti per affrontare diversamente la sintomatologia ansiosa e di conseguenza la vita quotidiana.